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La Moschea Jameh

La moschea  del venerdì di Isfahan, in Iran chiamata anche Moschea Jameh, è un edificio storico situato nel cuore della città persiana e rappresenta uno dei massimi capolavori dell’architettura persiana e islamica in generale.

La sua struttura si estende per oltre 20.000 metri quadrati: nel 2012 la Moschea è diventata bene protetto dell’Unesco.

Notizie della presenza della moschea risalgono già al X secolo d.C. ma nel XII secolo, per volere dei Selgiuchidi, la vecchia moschea è stata riedificata  in nuovo stile architettonico con una pianta a quattro IWAN

IWAN

Con tale nome si indicano quattro grandi portali sormontati da archi  posti l’uno di fronte l’altro alle estremità del cortile della Moschea. Il termine sta propriamente ad indicare una sala chiusa per tre lati da muri, coperta in genere con vòlta a botte, ed interamente aperta sul quarto lato da un arco a tutta parete.
Con l’introduzione dei quattro Iwan la Moschea del Venerdì rappresenta la prima grande forma di integrazione tra architettura religiosa islamica e strutture di epoca preislamica

Le cupole

Sempre in epoca Selgiuchide sono state costruite anche due imponenti cupole di mattoni, una  sud occidentale nel 1086 che rappresenta la prima cupola nervata con doppio guscio dell’architettura islamica, mentre quella nord occidentale è stata realizzate nel 1088.

Le due cupole hanno diverse tipologie di decorazioni. In quella meridionale sono rintracciabili ancora tracce di ornamenti in stucco, mentre la cupola settentrionale è prevalentemente decorata da disegni integrati nella struttura, costituiti da mattoncini. I loro diversi gradi di rilievo e le disposizioni creano una vasta gamma di disegni. Questo linguaggio decorativo manca nella cupola meridionale, costruita su una struttura preesistente, rendendo impossibile l’unificazione dei principi decorativi.

Una sorprendente descrizione letteraria di questo contrasto ci è stata lasciata dal viaggiatore e scrittore Robert Byron (1905-1941) con il suo libro del 1937 “La via per l’Oxiana“.

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