Nelle sue due opere, “L’emancipazione della donna” e “La donna nuova”, Qasim Amin consacra l’elevazione sociale della donna. A queste due opere Qasim, apostolo dei diritti della donna, ha legato il suo nome.
La prima opera provoca la reazione dei più ardenti rappresentanti del conservatorismo egiziano.
Nell’opera “L’emancipazione della donna” Qasim sostiene che l’Islam ha rivalutato la donna, proclamando l’eguaglianza della donna e dell’uomo.
Le attuali aberrazioni giuridiche, nello stato della donna, sarebbero derivate dal contatto con altre nazioni e altri costumi. Ben sappiamo come ci siano grandi divergenze tra gli orientalisti, tra chi sostiene che l’Islam ha rivalutato la donna rispetto alle tradizioni precedenti e chi afferma che sia stato proprio l’Islam a provocare una legislazione negativa, riguardo la donna.
Qasim Amin centra il problema tenendo sott’occhio certi abusi della tradizione bizantina con i loro Harem da cui hanno preso gli Abbasidi e ne hanno fatto legge.
Egli critica il conservatorismo e la staticità dell’Islam che a suo parere fa veramente paura, mettendo in seconda linea il vero messaggio del Profeta.
Dall’Opera TAHRIR AL-MAR’A (“L’emancipazione della donna”) sec. Edizione Il Cairo 1899 pp. 1-7, si legge:
“Perché dunque i musulmani pensano che le loro abitudini non cambieranno e non si modificheranno e le dovranno conservare eternamente?
Perché fondano la loro azione su queste credenze mentre essa stessa e le sue abitudini fanno parte di un universo remissivo, senza cedere alla legge di cambiamento e delle modificazioni?
La verità è la seguente: ciascuna nazione nel corso di ciascun periodo stabilito, possiede delle abitudini e dei costumi che gli sono propri e che corrispondono al suo stato d’animo.
Questi costumi e queste abitudini subiscono un cambiamento continuo e insensibile sotto l’effetto dei fattori regionali, dell’eredità delle mescolanze delle invenzioni scientifiche, delle dottrine letterarie, delle cronache religiose, delle istituzioni politiche etc.”.
(continua)